24 gennaio 2014

Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle...

Come avrete notato ultimamente il nostro flusso di produzione inezie si è un po’ rallentato. Sappiatelo, è tutta
colpa dei miei ragazzi, Lui e l’Altro, persi nelle loro vite. È sempre colpa degli uomini, sempre. Loro vivono in un perenne stato di leggerezza esistenziale per cui nulla è più importante di ciò che loro ritengono importante. Mi spiego: se ne sbattono di tutto ciò che non li tocca direttamente.


E quindi mi trovo qui, con il pc sulle gambe, la sigaretta tra le dita che si consuma con una fastidiosa lentezza e la squillante voce di Di Marzio che non fa altro che ripetere che Moratti non è più il presidente. Ed i miei occhi vagano ansiosi per tutta la stanza alla ricerca di un piglio, qualcosa di davvero interessante di cui scrivere. Ma risulterei banale se vi scrivessi controvoglia capite, non bisogna mai scrivere per forza, altrimenti fai la fine di Moccia, a rispondere alla Posta del Cuore su Chi o qualche altra rivista di gossip alla Signorini. 
La verità è che questa è pura noia, quella di Baudelaire per intenderci, quella che ti preme con forza sul divano caldo adagiandoti su un manto di angoscia mista insoddisfazione del momento stesso. 

Schopenhauer diceva: “Uno degli studi principali dei giovani dovrebbe essere quello di imparare a sopportare la solitudine, perché questa è la fonte di felicità e di tranquillità  d’animo”

Non si sa stare da soli, questo è il punto. Sempre alla ricerca della metà perfetta, della presenza di qualcuno che possa riempire uno spazio vuoto, forse perché non si ha voglia di riempire sè stessi semplicemente di noi, della propria essenza. Il non sapersi bastare, il dover guardare gli occhi altrui per riuscire a trovarci dentro la propria identità. Questa fastidiosa ed impellente esigenza di dover “condividere” la propria vita con un altro individuo, come se la propria esistenza fosse troppo da sopportare, troppo importante e dura da gestire autonomamente. 
Vedere giovani e promettenti ragazzi/e sprofondare nell’ansia dopo la rottura di un rapporto amoroso, mi intristisce. Mi intristisce perché nella maggior parte dei casi non si è dispiaciuti per la “perdita” della persona amata, bensì per il vuoto lasciato alle sue spalle. “Ed ora cosa faccio?”. Vivi, vivi la vita che hai, vivi ciò che sei, fai quello che hai sempre voluto fare e che ti sei sempre negato. Credo che non esista più sublime sensazione se non quella di sentirsi individui liberi e coscienziosamente consapevoli del proprio valore. 
E riuscire ad apprezzarsi, a compiacersi senza che siano gli altri a farlo per noi. 
L’amore è bello ma l’amore verso sé stessi lo è ancor di più. Bisogna saper sorridere anche quando nessuno ci guarda, e saper piangere nella notte, nella solitudine di una lacrima, senza farsi sentire per non essere disturbati ed imparare a custodire gelosamente sia la gioia che il tormento, lasciando che sia sempre e solo roba nostra, un arricchimento che proviene solo dalla nostra anima. 
Provare ad amare non solo le persone ma i momenti, le situazioni, le parole, i suoni, ogni cosa, con la stessa intensità con cui ci doniamo agli altri.

Vivere per sé stessi. 


By Lei


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